Con il termine “coliche del lattante” s’intende un disturbo tipico dei primo 3-6 mesi di vita caratterizzato da crisi di pianto inconsolabile che durano almeno 3 ore al giorno per almeno 3 giorni a settimana in un lattante che cresce normalmente. Si tratta di un disturbo molto frequente, generalmente benigno e transitorio che colpisce almeno il 20% dei lattanti sani. Nella stragrande maggioranza dei casi la patogenesi delle coliche è multifattoriale, soprattutto dovuta a aspetti fisiologici dello sviluppo neuro-comportamentale. Detto questo l'alimentazione può essere uno dei fattori scatenanti.
Le cause alimentari possono essere distinte in:
- alimentazione scorretta sul piano quantitativo: il pianto del lattante può essere il segno di un'alimentazione insufficiente o eccessiva. Nel primo caso si potrà osservare un rallentamento della crescita e feci scarse, nel secondo caso è possibile evidenziare frequenti rigurgiti e vomito. In entrambi i casi l’anamnesi alimentare consentirà di stabilire se la quantità giornaliera di latte assunta dal bambino sia adeguata oppure no, al fine di apportare i dovuti miglioramenti.
- allergie alimentari. Le evidenze scientifiche che le allergie possano causare le coliche nel lattante sono modeste e contraddittorie. Nel caso del bambino allattato al seno alcuni studi suggeriscono che l’adozione di una dieta materna prima di allergeni alimentari forti (latte e derivati, uova, pesce, frutta secca, frumento e soia) possa ridurre la frequenza di coliche in alcuni lattanti. L’esclusione dei soli latticini non sembra sortire alcun effetto terapeutico. In ogni caso è sempre bene confrontarsi con un esperto prima di apportare variazioni alla propria routine alimentare.
In conclusione, l’intervento nutrizionale dovrebbe limitarsi a:
- verificare l’appropriatezza dello schema alimentare e dello stato di nutrizionale del bambino;
- proseguire l’allattamento al seno dove è possibile.
Poi esiste un’altra interessante spiegazione, più di tipo comportamentale. Il neonato ha modi di manifestare il suo stato d’animo poco variegati, con risposte pressoché globali che coinvolgono tutto l'organismo; non ha ancora la capacità di differenziare adeguatamente l’espressione dei sentimenti con l’utilizzo di muscoli specifici e dedicati. In altre parole, quando il neonato piange lo fa con tutto il corpo; non solo usa la mimica facciale ma contrae tutto il corpo, chiude i pugni, raccoglie a se le gambe, attiva ogni muscolo anche quelli del torchio addominale, spinge e probabilmente emette aria. È facile intuire perché allora venga attribuita la “colica d’aria” al pianto del bambino.
Questo punto di vista farebbe pensare che il pianto del bambino non sia la conseguenza del malessere addominale ma che l’aria emessa sia la conseguenza del pianto, pianto che può voler dire mille altre cose. La soluzione in questo caso è consolare il bambino, cullarlo senza trasmettere ansie e paure.